Musica

La Scarlatti apre con l'ultimo Mozart

La Scarlatti apre con l'ultimo Mozart

L'Associazione Alessandro Scarlatti ha inaugurato la stagione concertistica 2010/2011 puntando in maniera diretta su due vette assolute come la Sinfonia n. 40 in sol minore KV 550 ed il Requiem in re minore KV 626 di Wolfgang Amadeus Mozart.
Uno sguardo al cartellone degli appuntamenti consente di apprezzare un insieme di nomi di rilievo internazionale, idee originali e proposte di valorizzazione del talento locale: oltre all'inaugurazione, lo sguardo sulla musica sacra continuerà con l’Oratorio di Pasqua BWV249 di Bach eseguito dall’Orchestra del XVIII secolo diretta da Frans Bruggen, con i Turchini di Antonio Florio per le attese Lezioni della Settimana Santa di Gaetano Veneziano e Cristoforo Caresana, e con il concerto natalizio con la Missa Criolla e Navidad Nuestra di Ariel Ramirez, per orchestra e coro di giovani argentini.
Leggiamo anche di appuntamenti d'eccezione, primo fra tutti il ritorno di Maurizio Pollini e delle sue ultime tre Sonate di Beethoven al San Carlo; ma al pianoforte si esibirà anche Roberto Cominati con il primo di due concerti dedicati all’esecuzione integrale delle musiche per pianoforte di Maurice Ravel, e Yuja Wang, ventiduenne cinese con un repertorio da non perdere di Chopin, autore che verrà proposto anche da Roberto Prosseda.
E poi ancora la fusion fra Jazz e Barocco di Enrico Pieranunzi, Paolo Fresu, il Turtle Island Quartet, le Serate di Musica d’Insieme con i Zukerman Chamber Players, Sergej Krilov e Bruno Canino nella “Sonata a Kreutzer” di Beethoven... ma andrebbe letto tutto con più attenzione, e pertanto invito a scoprirne tutte le note visitando questa pagina.


Lo scorso 20 ottobre a Castel Sant’Elmo, dunque, l'inaugurazione con la musica mozartiana, accolta con un tutto esaurito e file al botteghino non facili a vedersi negli ultimi tempi, è giunta attraverso l’Orchestra degli Champs-Elysées diretta da Philippe Herreweghe, oltre al Coro Collegium Vocale Ghent e l'Accademia Chigiana di Siena, e con l'immensa portata spirituale della Sinfonia n. 40 in Sol minore, completata il 25 luglio del 1788 nella nuova casa alla periferia di Vienna.
La tonalità del Sol minore già in sé significava per Mozart, in quel momento, la scelta del timbro di una passione affannata, se non disperata, eppure, come naturalmente ci si poteva aspettare, le facili intemperanze dell'immaginazione qui rimasero limitate grazie ad una perfezione compositiva che trova il modo ineccepibile per spaziare lungo il più ampio panorama dello spirito, partendo dalla lotta per arrivare fino alla rassegnazione.
C'è un gioco di contrasti drammatici, di inquietudine e di tensione, di contrapposizione, a scandire ardite modulazioni che rendono la Sinfonia difficile, nella sua somma bellezza, e tale per cui di volta in volta per essa sono state scomodate le interpretazioni più diverse, dalla ”aleggiante grazia greca” (R. Schumann) ai segni del “demonismo” di una critica più moderna, forse anche troppo.
Di certo, si tratta della più fatalistica espressività di quella forma particolare di pessimismo e di rassegnazione spesso tranquilla, di malinconia inspiegabile e di divina tristezza che Wolfgang, negli ultimi anni della sua vita, trovò modo di infondere nelle scritture più significative, chiarita anche dalla scelta dell'ultimo Tempo, nel quale la tensione sofferente aumenta, anziché venire dissipata, come sarebbe stato invece formalmente lecito attendersi.

Di tutta questa complessità, Philippe Herreweghe è sembrato che abbia voluto cogliere soprattutto il lato inquieto, teso, non sofisticato e con cadenze molto decise e staccate, suoni decisi e passaggi strumentali di personalità fortemente riconoscibile che, soprattutto nel primo movimento, prevalendo sull'insieme, rinunciano forse ad un'idea come quella che la tradizione vuole che si trasfonda nell'onda avvolgente e melanconica dello spirito che aleggiava in quella casa viennese fa il 17 giungo ed il 25 luglio del 1788.

Sul Requiem KV626 (Vienna, agosto-dicembre 1791), va spesa una parola storicizzata, chiarendo anzitutto che nonostante l'aurea della leggenda che avvolge l'ideazione e la composizione del Requiem, argomento su cui sono stati dedicati inchiostro e pellicole cinematografiche in quantità, la realtà potrebbe essere molto meno fantasiosa, e con la presenza di Franz Anton Leitgeb come intermediario (anzichè il “messaggero inquietante” della leggenda), presentatosi alla porta di Mozart per conto del conte Franz von Walsegg, dilettante della composizione che richiedeva una messa funebre per la moglie prematuramente scomparsa a soli 20 anni.
Addirittura, l'intenzione iniziale sarebbe stata di farla passare per opera sua, abituato com'era a pagare musicisti ed editori a tale scopo, e di farla eseguire nel suo castello da un orchestra composta di familiari e servitù. Un particolare che sembra avvalorato dalla circostanza che Constance, dopo la sua morte, si affannò alla ricerca di qualcuno che fosse in grado di completare l'opera (trovandolo poi, come si sa, in Sussmayer) per paura che von Walsegg rifiutasse un'opera incompleta.

La sommità del Requiem, una critica più che copiosa, il richiamo naturale al senso stesso più elevato di ideali di amore, soavità, commozione e pietas, da soli basterebbero a non doverne spendere molte parole: non un solo effetto gratuito, non un momento che faccia ombra su uno Spirito che non è impaurito affatto dal Giudizio Divino, né drammatizzato, quanto piuttosto, anche qui, rassegnato dolcemente nella malinconia delle sue parti migliori, ovvero quelle liriche quanto elegiache, fino al punto che nel Dies Irae si getta uno sguardo sull'aldilà non terrorizzato, ma prodromico rispetto alla degna accettazione del dramma dell'uomo.
Il Coro Collegium Vocale Gent e Accademia Chigiana Siena hanno parlato appunto questa lingua, fatta di armonia e di linee estremamente controllate, nelle quali questo particolare tipo di Spirito ha potuto trovare un suo agio.

Riccardo Limongi